Racconto molto vecchio questa settimana, per motivi di tempo dovrete aspettare un po' prima di poter leggere qualcosa di più nuovo. All'epoca stavo sperimentando molto con il racconto in soggettiva e narrativo, cosa che mi ha sempre affascinato leggendo Lovecraft, ma credo di non esserci mai riuscito molto bene. A differenza degli altri che lo hanno preceduto, questo racconto affonda la sua origine nella teologia cristiana, anche se il protagonista è poco conosciuto nei nostri libri sacri ed è preso dai libri sacri ebraici. Comunque buon divertimento come sempre, e come sempre vi invito a commentare o qui o sulla pagina Facebook del blog.
Fermo,
seduto in cima a un monte, guardo tutt'intorno a me il mondo, anzi
l'universo stesso finire. Tutto il creato si sfalda, finisce, muore,
termina. Basta. Stop. Tutto qui. Vedo i brandelli di realtà cadere
uno ad uno, vedo i mari bruciare, i fiori divenire polvere, gli
alberi piegarsi e morire. Vedo le persone correre avanti e indietro
come piccole pazze formiche. Pensano che da qualche parte c'è un
posto dove nascondersi. Non lo troveranno, non c'è. Lo so bene, li
ho distrutti tutti. Chi sono, sono un dio pazzo, il cui unico compito
era questo. Da duemila anni sto lavorando a questo giorno, ho
trascorso innumerevoli vite con quest'unico scopo, e ora me lo godo.
Ho combattuto per questo, ho pianto, ho sofferto, ho invocato demoni,
e ora questa è la mia ricompensa. Vedo in lontananza un pezzo di
cielo cadere letteralmente a pezzi, e abbattersi su una città. Non
importa il nome, o il luogo, l'importante è che succede. Muoiono
tutti, e non me ne importa niente. Anzi rido, sono contento. Che
volete farci sono nato per questo, dovevo fare questo, e faccio
questo. Non sono cattivo, scusatemi, è Dio che mi ha fatto cosi.
Permettete, io sono Azrael, l'angelo della morte, distruttore di
realtà. Avrei dovuto suonare la tromba del giudizio nell'ultimo
giorno, o almeno cosi dicevano i testi sacri. Ora la fine è giunta,
e io non suono trombe, preferisco il sax, ha un suono più caldo. Il
terreno trema sotto di me, la mia piccola collina si squarcia a metà
e getti di lava incandescente sgorgano dalle viscere della terra.
Pacchiano. Dovrei saper fare di meglio. Ormai ho una certa esperienza
in questo genere di cose. Si pezzi di granito che spiccano il volo e
si fermano a mezz’aria, questa è la mia personale idea d'eruzione.
E poi tutto esplode in un verde boato. Rido, rido come non mai, sono
felice. Porto il caos e ne godo. Si caos, voi avete trascorso cinque
miliardi d'anni attenendovi alle regole dell'evoluzione, alle leggi
naturali, avete scoperto e imbrigliato quelle della fisica e della
chimica, e ora non sapete cosa fare perché io ho rimescolato tutte
le carte. Tutto e sbagliato in questa fine del mondo, non ci sono
regole a cui attenersi. In fondo a che servirebbero, dopo non ci sarà
nessuno a ricordarla, perché questa è davvero la fine di tutto.
Degli uomini, delle donne, del mondo, dei grigi, dei dargos, delle
fate, degli elfi. Dell'universo come lo conoscete e come lo ignorate.
Delle cose nascoste e di quelle conosciute. Non sapete cosa fare
perché io non seguo nessuna regola, io non ne ho. Vi ho mentito per
secoli, promettendovi grandi presagi, segni nel cielo, angeli e
demoni che si sfidano fino alla fine. E invece niente. Un giorno mi
sveglio e decido che il momento è giunto. Niente 2000 o 1999. Nessun
giorno particolare, solo io che mi scoccio e per capriccio decido che
è il momento. Allora vado da lui, e gli faccio "ok, andiamo".
E tutto finisce. Dite che sono pazzo, no i pazzi siete voi se
credevate in asteroidi giganteschi o in guerre nucleari. Quanti di
voi hanno temuto l'elezione di un papa nero, un allineamento stellare
particolare. Niente dodici o più soli, solo io, angelo dalle ali
nere, araldo del pralaya, che arrivo e dico "BASTA!", e
tutto finisce. Addio mondo, addio uomini, addio donne, ci rivedremo
in un altro tempo, in un altro luogo. Fra un po' tutto finirà, i
miei fuochi d'artificio finiranno, e io potrò riposare per almeno un
miliardo o due d’anni. Dopo di me toccherà di nuovo a lui. Un
nuovo big bang, o qualcosa di più elaborato. Nuovi mondi, nuova
vita, e nuove domande. Nuove cose da scoprire, nuove regole da
inventare, nuove guerre da combattere. Forse da qualche parte in
questo nuovo universo ci saranno di nuovo gli uomini e le donne.
Forse su un piccolo pianeta azzurro, pieno d'acqua e deserto. Forse
crederanno d’essere soli, forse lo saranno veramente. Ameranno.
Piangeranno. Faranno promesse. Sogneranno guardando le stelle.
Avranno paura della notte e benediranno la luce del giorno. Avranno
sete di conoscenza, fame di sapere. Cresceranno, andranno lontano
dalla loro culla, e raggiungeranno nuovi mondi. Ma sarà tutto
inutile, perché dopo un po' arriverò io, mi preparerò e darò
inizio al mio show. Si tutto finirà di nuovo per ricominciare
un’altra volta. Fino a quando tutto questo mi chiedete? mah, forse
fino alla fine di tutto, o finché non troveremo un altro modo di
passare il tempo. Non ci voglio pensare, per ora mi godo gli ultimi
fuochi, e suono il mio sax.
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