Primo sangue - Capitolo 6

Salve, dopo due settimane ritornano le avventure di Abram e del suo mondo. Spero che l'attesa non sia stata lunga, e scusatemi perché nelle ultime due settimane per vari motivi non sono riuscito a postare questo nuovo capitolo. Ma bando alle ciance, e vi lascio alla lettura. Buon divertimento.

Era passata circa un ora dal ritorno a casa a quando la madre di Abram aveva iniziato le ricerche di Jacob, una squadra di guardie si era sparpagliata per tutta Varsavie, e alle ricerche stavano partecipando diversi amici di famiglia. Abram e Adam erano stati tartassati dal commissario capo delle guardie, ma tutti e due lo avevano convinto che loro non sapevano dove fosse andato Jacob, poi, con la scusa di cercarlo erano andati anche loro in strada, lontano dalle loro madri.
-Hai visto che lo ha fatto?
- Certo Adam, certo, e ora mi devi aiutare.
- Cosa? Vuoi scappare anche tu.
- Senti Adam, sono in un guaio più grosso di quello che credi, dobbiamo raggiungere la mescita di Isaia, la ti spiegherò tutto.
I due ragazzi attraversarono la città, incontrando a più riprese le guardie in cerca del loro congiunto. Ad ogni pattuglia raccontarono che lo stavano cercando anche loro, e ogni volta le guardie si sentivano in obbligo di dirgli di tornarsene a casa e di non intralciare le indagini. Raggiunta la mescita, la trovarono chiusa, allora Abram girò l’angolo e arrivò all’uscita posteriore, qui bussò con tutte le forze, finché Isaia non si precipitò ad aprire.
- Abram, che Atena sia lodata, - disse il vecchio oste quando li vide – entrate.
Il terzetto entrò nella cucina di Isaia, e si sedettero intorno ad un tavolaccio illuminato malamente da una candela.
- Isaia, cos’è successo?
- Oh Abram, sapeste, stamani, dopo che siete andato via, ho visto il guardiano della chiesa più avanti gironzolare da queste parti. Io ero intento a spazzare l’entrata, e ho visto che guardava fisso verso di me. Poi, sono arrivate un paio di guardie che mi hanno chiesto la licenza, i libri e le tasse, e alla fine hanno detto che non ero in regola e che dovevo star chiuso almeno tre giorni, finché il giudice non avrebbe emesso sentenza. Durante questo periodo non solo devo star chiuso con la locanda, ma non posso fare un passo fuori dalla porta, altrimenti mi arrestano: segregazione cautelativa hanno detto. Adam sono disperato.
- Isaia, quella cosa, dov’è? – chiese Abram con tono deciso.
- La … la cosa.
- La mano Isaia, dannazione dov’è?
- Ma Abram, io non ho nessuna mano.
- Diavolo Isaia, quella maledetta cosa può essere la chiave di tutto, so come sistemare ogni cosa.
- Abram ma di che diavolo parli? – chiese Adam.
Abram guardo in viso il cugino, e poi iniziò a raccontargli tutto, da ciò che aveva scoperto fino ai sospetti che aveva nei confronti dei giudici oscuri. Sia Adam che Isaia ascoltarono stupiti e impauriti, poi Adam intervenne.
- Cosi tu pensi che mio padre sia stato ucciso da quei due, se è vero li ammazzerò io con le mie mani.
- Scusami se non te lo ho detto prima ma non ne ho avuto ne tempo ne occasione.
- E ora qual è il tuo piano?
- Ci serve la mano, la prendiamo e andiamo dai belanti …
- E poi? – chiese Isaia.
- Poi cerchiamo di scoprire cosa ne sanno loro del coccodrillo, e alla fine lo raccontiamo a tutti. Ho capito che se vogliamo una possibilità di sconfiggere queste persone dobbiamo scoprire tutta la verità sul coccodrillo, in modo di combattere ad armi pari con loro, capisci?
- Si capisco, mi pare folle e assurdo ma capisco. E come raggiungiamo i belanti?
- Nella stalla c’è un cavallo, è il mio, - disse Isaia – scappate con quello, e pregate che i giudici oscuri non vi trovino.
- E tu Isaia.
- Quando voi avrete la mano, io perderò interesse per i giudici e non mi faranno nulla, almeno credo. Da quello che avete detto loro vogliono due cose, i pezzi del coccodrillo e che si tenga la bocca chiusa. Sicuramente sulla seconda faccenda li farò felici.
- Grazie amico mio, quando potremo tornare sarai il mio primo cliente.
Ma mentre i ragazzi si apprestavano a uscire, qualcuno iniziò a bussare pesantemente alla porta, mentre una voce da fuori li intimava ad aprire.
- Venite – fece Isaia – usciamo dal davanti, chiunque sia non ho intenzione di incontrarlo.
Prima di uscire Isaia recuperò la mano dal suo nascondiglio, e l’avvolse in un sacco di patate. Poi il terzetto entro nella grande sala dell’osteria, ma nell'istante in cui vi misero piede, un esplosione mandò in frantumi la porta e il muro alle loro spalle, riempiendo la stanza di fumo e detriti. Quando il fumo si diradò, una figura ammantata di rosso si staglio contro la luce della Luna che filtrava dallo squarcio nel muro. Abram si riebbe per primo, e vide Isaia steso a terra, colpito da una grossa trave, con la testa spaccata e immobile, sotto di lui Adam, svenuto ma salvo. Anche Abram non si era fatto quasi nulla, a parte un taglio sulla spalla che gli rendeva difficile muovere il braccio destro, per il resto il colpo era stato del tutto assorbito dal povero oste. Intanto il loro assalitore si avvicinò minaccioso, e Abram poté vederlo bene in viso: era il guardiano, vestito con una tunica rosso vermiglio, tanto scura da confondersi con le ombre intorno a se. Nella mano destra il vecchio sacerdote aveva una specie di guanto, che emetteva scintille bluastre. Il vecchio si avvicinò ad Abram, e gli sorrise:
- Allora mastro Abram, ora vorrai dirmi il tuo segreto oppure no?
Abram, con uno sforzo si lanciò a recuperare il fagotto, e tentò di guadagnare l’uscita, ma il guanto del prete emise un crepitio simile a un lampo, che illumino a giorno l’interno della locanda e colpì di striscio Abram, facendolo cadere per terra.
- Ho capito, grazie, - disse il sacerdote – il tuo segreto è in questo sacchetto.
Cosi dicendo iniziò ad avvicinarsi lentamente al sacchetto, ma quando fu sul punto di prenderlo, qualcosa gli si avventò contro con la furia e la sveltezza di un rodiratto. Adam lo colpì con quello che rimaneva di una sedia, ma fu abbastanza per stenderlo a terra. Grazie all'intervento del cugino, Abram strisciò via, incapace di rialzarsi, ma recuperò il sacchetto. Il sacerdote intanto guardava in cagnesco il suo assalitore, e tese la mano verso di lui, emettendo un altro lampo bluastro. Stavolta però, il ragazzo fu' ancora più veloce e scanso il colpo gettandosi di lato. Il guardiano, nonostante l’età, si alzò in piedi, e tentò di mirare di nuovo ad Adam, ma questi si rialzò prontamente e deviò la mano del vecchio nel momento in cui lanciava l’ennesima scarica. Il lampo stavolta colpì il soffitto, spezzando una delle travi portanti e distruggendo parte del soffitto del piano superiore; in meno di un secondo l’intera volta rovinò sul sacerdote e su Adam, seppellendoli sotto un cumulo di assi e travi spezzate. Quando la polvere del crollo si diradò, Abram si ritrovò nel bel mezzo di un ecatombe, suo cugino e il suo amico erano morti, e cosi pure il sacerdote, intanto sinistri scricchioli annunciavano che il tetto non avrebbe resistito ancora a lungo. Col braccio e il fianco doloranti, Abram si trascinò nella stalla, e li montò sul cavallo di Isaia. Poi, uscito dalla stalla, si diresse verso la periferia di Varsavie. Con tutte le guardie che cercavano il cugino, era impossibile lasciare la città, cosi una volta in periferia raggiunse un albergo fuori mano. Prese una camera per la notte, e passo la sera cercando di medicarsi. La notte per lui non fu certo serena, pensò allo scontro col vecchio sacerdote, e a quello che era capace di fare. Mai in vita sua aveva sentito parlare di cose del genere, certo alcuni sacerdoti di Atena avevano doti di guaritore, ma nessuno che lanciasse fulmini dalle mani. Poi ripensò alla morte dei suoi amici, e al pericolo che adesso lo incalzava, e per la seconda volta in pochi giorni pianse di nuovo.

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