Bentornati, Abram ha preso ed è fuggito via dalla sua vita, dalla sua città e da quella che chiama civiltà. Presto incontrerà i misteriosi belanti, e inizierà a capire a che servono i pezzi del coccodrillo.
Buona lettura.
Lascio l’albergo a giorno fatto, per
poterlo pagare aveva dato fondo ai pochi risparmi che aveva portato
con se. Sistemò alla meno peggio la giacca, e si alzò il bavero
della camicia in modo da sembrare un giovane mercante in viaggio.
Raggiunse la porta ovest della città, e poi con un ampio giro, tornò
indietro, dirigendosi verso le montagne: cosi facendo sperava che
nessuno lo notasse mentre guadagnava la strada verso la libertà. Il
viaggio durò quasi due ore, un paio di volte si fermò per dare un
occhiata al taglio, lo aveva fasciato con un pezzo delle lenzuola
dell’albergo, ma continuava a fargli male. Del colpo sul fianco
invece era rimasta solo una bruciatura, il dolore era passato
abbastanza in fretta, e rimanevano solo delle setole bruciacchiate.
Ancora non riusciva a spiegarsi come il vecchio guardiano gliela
aveva fatta, ne se era stato lui o lo strano guanto che indossava. I
misteri si infittivano, e Abram temeva che prima o poi lo avrebbero
inghiottito. Mentre si avvicinava alle montagne, incontrò un
asinello che pascolava placido vicino ad un boschetto, l’animale
aveva ancora il segno dei finimenti sul muso, ma non ne portava
nessuno. Abram pensò che doveva essere stato liberato da qualcuno a
cui non serviva più, e subito il suo pensiero andò a Jacob. Scese
da cavallo, libero anche il suo animale della sella e del morso, e
gli diede una pacca sul posteriore per mandarlo via. Il cavallo
raggiunse il mulo, e tutte e due iniziarono a brucare l’erba
bagnata di rugiada. Guardandoli pascolare Abram ricordò il discorso
di Moses, e pensò che forse sarebbe stato meglio sia per il
reverendo che per suo cugino Adam grufolare e mangiare dalla mattina
alla sera, che combattersi fino alla morte. Con questi pensieri nel
cuore, Abram si avviò nel bosco, lo attraversò senza problemi, e
finalmente raggiunse una piccola radura alle pendici di una montagna.
Ormai il sole era alto nel cielo, e la radura era del tutto
illuminata, Abram poggiò per terra il sacco e si stese sotto un
albero a riposare. Si era appisolato da poco, quando un rumore alle
sue spalle lo fece trasalire, si alzò di scatto e uscì dal suo
riparo sotto gli alberi. Tutt’intorno a sé iniziarono a levarsi
fruscii e rumori di rami, poi una nenia, quasi un canto, e infine un
urlo disumano si levo dalla macchia di vegetazione di fronte a lui.
Come una furia uscita dall’inferno, un enorme creatura, alta almeno
tre metri uscì dal bosco e si corse verso di lui, Abram non aveva
mai visto nulla del genere, sembrava un verro grande e muscoloso, con
delle grossa corna ricurve sulla testa, un manto villoso e scuro che
gli ricopriva buona parte del corpo e degli arti, il suo viso non
aveva nulla di suino, un viso schiacciato con una strana bocca che
raggiungeva la base del naso piatto e largo, due occhi grandi e
scuri, e delle cose che gli pendevano ai lati della testa. La
creatura gli si avventò contro, ma lui riuscì a schivarla
lanciandosi di lato e finendo in un cespuglio. La creatura si girò
fulminea, e si lanciò anche lei sul cespuglio dove si trovava Abram,
stavolta l’impatto fu inevitabile e Abram si trovò schiacciato
sotto il peso di quel mostro. Sentì qualcosa rompersi dentro di lui,
e un sapore metallico in bocca, ma non fece in tempo a scoprire cosa
fossa che la creatura lo alzò di peso e con un altro di quei suoni
orribili lo lancio nel mezzo della radura. Quando vide che il suo
assalitore lo stava per caricare di nuovo con le grossa corna, le
forze lo stavano per abbandonare, poi qualcosa balzò fra lui e il
mostro e lo blocco. Con gli occhi pieni di lacrime per il dolore,
vide suo cugino Jacob fermare l’assalitore e parlargli in una
strana lingua, poi, prima che Jacob riuscisse a raggiungerlo, perse i
sensi. Era ormai notte alta quando Abram si riebbe, ritrovandosi
steso su una stuoia di giunco, con una fascia di erbe intorno al
torace.
- Stai fermo – gli disse Jacob.
- Cosa? – Abram mise a fuoco la
figura dinanzi a lui e riconobbe il cugino fuggito – che Dioniso
mi porti.
- Attento, stai iniziando a parlare
come zio Isaia, allora cugino, qual buon vento ti ha portato qui?
- Spiegami prima dov’è qui.
- Certamente, questa è la casa di
Fauno, un vecchio amico di mio padre, e capo di uno dei clan di
belanti che vivono sulle montagne. Sono arrivato ieri nel
pomeriggio, e sono stato accolto nel tuo stesso modo, per fortuna
però che io conosco la lingua dei belanti, cosi quel bruto di Bacco
non mi ha ridotto come te. A proposito stai fermo che hai una
costola incrinata, lo sciamano ti ha rimesso a posto ma non puoi
muoverti per un po’. Ora dimmi come mai hai seguito i miei passi?
- È una triste storia, cugino, e
centra anche tuo fratello
Abram racconto' gli avvenimenti degli
ultimi giorni, dalla proposta dei due presunti giudici oscuri fino al
crollo della mescita. Alla fine del racconto Jacob si alzò e senza
dire una parola si diresse verso l’uscio della strana casa. Abram
rimase steso ancora un po’, poi fu raggiunto da una creatura simile
a quella che lo aveva attaccato, l’unica differenza è che la
creatura era evidentemente una femmina, o almeno le sue forme e i
suoi attributi cosi suggerivano, anche perché era del tutto nuda.
Inoltre non portava corna sulla testa, e l’espressione nei suoi
occhi era calma e rilassata. La femmina si sedette vicino a lui, gli
porse una ciotola con dell’acqua e lo fece bere, poi cambiò
l’impacco e le fasciature, con un altro nuovo, infine ricoprì
Abram con una coperta di lana grezza.
- Tu si fratello Jacob? – chiese
la creatura.
- Ma, tu … tu parli – Abram era
stupito, non pensava che i belanti sapessero parlare la sua lingua.
- Si, io parla come te – gli
rispose la belante.
- Diavolo, questa è bella, mi
scusi, volevo dire … - Abram ritrovò tutto il suo imbarazzo
quando capì che quella aveva di fronte era una creatura
intelligente e non un invenzione fantastica - … si, si può
coprire per favore?
- Io coprire, ma io non freddo.
- Per piacere.
La belante stupita, prese un’altra
coperta e se la poggio indosso, nascondendo le sue nudità ai pudici
occhi di Abram.
- Scusa, dimenticato che voi maiali
piace vestiti, noi no piace vestititi, Dioniso dato vestito lana,
unico vestito della gente.
- Gente?
- Noi siamo gente, io, padre, madre
e tutto clan, tutti clan sono gente.
- E noi saremmo?
- Tu maiale, noi gente.
- Bene – borbottò fra se Abram –
io studio anni per farmi dire da una selvaggia che loro sono la
gente. Senta, lei come si chiama?
- Tu parla buffo, si, io chiamo
Rugiada, mio primo nome, tu chiama?
- Io sono Abram, piacere – Abram
le porse la mano in segno di saluto.
- Tu vuoi toccare me? – cosi
dicendo Rugiada si scoprì di nuovo, mostrando il seno piccolo ma
delizioso, anche per un suino.
- No, no, - Abram ritrasse
impressionato la mano – si rivesta la prego.
- Tu no vuoi guardare, tu no vuoi
toccare, tu strano. Fratello Jacob piace toccare Rugiada, e piace …
- Non me ne importa – la
interruppe brusco Abram – so benissimo cosa piace a Jacob, la
ringrazio.
In quel momento rientrò Jacob,
accompagnato da un altro belante. Anche quest’altro aveva delle
grossa corna sul capo, ma sembrava più vecchio, il suo sguardo era
più intenso, ad Abram ricordò quello di Moses. Alla loro vista
Rugiada si alzò ed usci, nel farlo mostro ancora una volta
orgogliosa le sue grazie, ma Abram si era coperto gli occhi dalla
vergogna.
- La puoi smettere sai? – lo
rimproverò Jacob – quella povera ragazza potrebbe essersi offesa.
– cosi dicendo si accomodò vicino alla stuoia, seguito dal
vecchio belante.
- È che non sono cosi aperto di
vedute come te, chi è quest’altro.
- “Quest’altro” giovanotto –
esordì il belante – è il capo Fauno, piacere di conoscerla.
- Lei parla la mia lingua meglio
della giovane, signore, mi scusi io…
- Tuo cugino è sempre cosi
cerimonioso Jacob? Se si sarà un vero divertimento svestirlo della
sua civiltà.
- Si, è sempre cosi, anche se credo
che questi ultimi giorni siano stati cruciali per lui.
- Capisco, Jacob mi dispiace ancora
molto per tuo fratello, avrei preferito avervi tutti e due qui, e ti
ringrazio giovane Abram per averci portato questa dolorosa ma utile
notizia.
- Non capisco – Abram provò a
mettersi seduto, ma il dolore lo costrinse a stare giù.
- Vedi, Fauno e mio padre erano
amici, e lui è una specie di mio padrino qui fra i belanti. Io ora
sono Jacob figlio di Fauno. Lui conosce, o meglio conosceva Adam e
me da bambini, e sapeva che prima o poi avremmo corso un pericolo
del genere. Bacco ti ha attaccato perché credeva che tu fossi al
mio inseguimento, credeva che tu fossi un giudice oscuro.
- E perché i giudici oscuri
cercherebbero di farti la pelle?
- Non a me, ma ai belanti, anch'io
all’inizio ero stato preso per uno di loro, ma come ti ho detto ho
saputo spiegarmi meglio di te. – Jacob si girò e prese il sacco
di Abram – vuoi spiegarci come mai vai in giro con questa –
chiese mostrando la mano del coccodrillo.
- Fa parte della storia che ti ho
raccontato, è per quella che Adam e Isaia sono stati uccisi.
- Certo – intervenne Fauno,
prendendo la mano del coccodrillo ed esaminandola attentamente –
loro hanno paura che il signore torni in vita.
- Il signore?
- Si, il loro idolo privato, - Jacob
guardò di traverso la mano mostruosa – i vari pezzi del
coccodrillo che i belanti riescono a recuperare li danno in
sacrificio a un idolo sulle montagne. Mio padre e mio fratello sono
morti per una stupida superstizione.
- Non è una stupida superstizione,
e tu lo vedrai fra qualche giorno, quando sarà il tempo della luna.
Il capo rimise a posto la strana
reliquia, e iniziò a salmodiare una canzone per accelerare la
guarigione di Abram.
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