(Dante Alighieri)
Un tempo c’era un serafino,
Samael, il pastore dei soli e generale delle milizie celesti. Era il
più bell’angelo che i cieli avessero mai visto, il suo splendore e
la sua bellezza erano secondi solo a quelli del creatore. Come tutti
i serafini aveva sei ali, due per proteggere il volto, due per
proteggere i piedi, due per volare. Le ali per volare erano formate
una dall’amore per Dio e l’altra dalla fede verso di lui. Un
giorno Samael divenne arrogante, e iniziò una guerra contro il
creatore, prese con se la metà delle forze celesti, e mosse guerra
al signore. Però, nel momento dello scontro decisivo, Samael perse
una delle sue ali, e non potendo più volare, cadde giù, sulla
terra, e cadendo divenne l’avversario.
Quale delle due ali aveva perduto Samael: quella
dell’amore o quella della fede in Dio? Difficile a credersi ma
Samael perse l’ala che rappresentava l’amore per Dio. Nonostante
la ribellione, nonostante la sconfitta, nonostante l’umiliazione,
comunque, Lucifero non perse la sua fede in Dio. Allora come fanno
gli uomini a perderla? E se non in Dio, come fanno a perdere la fede
in ciò in cui credono? Cosa succede quando un uomo non ha più fede
nei suoi valori, nelle sue divinità, nelle cose che ha creato? Basta
vedere le nazioni dell’ex blocco sovietico, loro avevano una grande
fede nel marxismo, e quando l’hanno persa, hanno perso tutto, e ora
si arrabattano fra guerre di confine e corruzione politica. Tentano
di ritrovare quella fede perduta in altri ideali, come i
nazionalismi, la religione, il capitalismo. Stanno dimostrando che
comunque gli uomini hanno bisogno di credere in valori più grandi di
loro, giusti o sbagliati che siano. L’essere umano ha la necessità
fisica di farlo, come se fosse scritto nel nostro codice genetico,
come se senza nessun tipo di fede l’uomo divenisse vuoto, vacuo. Un
uomo senza fede in nulla è un uomo privo di tutto, ogni cosa che fa,
che crea che inventa sarà fine a se stesso. E’ impossibile per lui
trovare la forza per andare avanti, una forza che può derivare solo
da qualcosa che trascende i nostri limiti umani, e abbraccia decine,
centinaia, forse migliaia di persone. La fede in qualcosa da la forza
agli uomini per andare avanti, gli stati, gli imperi stessi, sono
nati perché si aveva fede in qualcuno o in qualcosa. Quindi, quando
gli uomini perdono la fede, che sia in un dio, in un uomo o in un
ideale, perdono quella forza primeva che li spinge avanti, quel
qualcosa che ci fa diventare umani, e non semplici animali. Perdono,
forse, la parte più importante della loro anima. Noi abbiamo tante
fedi, ma quella che ci accomuna è la fede nei nostri ideali, quegli
ideali che noi ci ostiniamo a professare, a portare avanti, al limite
della testardaggine. Gli ideali dell’unità, dell’amore
scambievole, della solidarietà, dell’accoglienza. E la nostra fede
in questi ideali deve essere forte, deve essere il più forte
possibile, perché cosi questi ideali potranno crescere e raggiungere
tanti altri che ne hanno bisogno. E da questa nostra fede comune,
come da quella nostra personale, noi dobbiamo ricavare la nostra
forza per andare avanti, per crescere insieme e migliorarci. Se è
vero che siamo nati per perseguire virtù e carità, allora dobbiamo
dimostrare di esserne capaci. Perdere la fede, una qualsiasi fede in
qualcosa, significa perdere un pezzo di noi stessi.
Qua si va sul pesante,già io che parlo di fede mi sembra cosi strano, vabbé che erano altri tempi, e si capisce se si legge fra le righe. Non ricordo anedotti particolari a parte il fatto che il titolo originale era "Fatti non foste a viver come lupi". Mi fecero notare l'errore, però io in realtà avevo nascosto nel titolo la mia fede dell'epoca, e cioè nei totem; all'epoca uno dei miei totem personali era l lupo appunto. Comunque sottigliezze che poteva capire solo chi mi conosceva bene, e all'epoca forse non c'era nessuno che mi conosceva cosi bene.
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