Preludio

Come promesso pubblico l'introduzione di un nuovo progetto che sto scrivendo parallelamente ad Abram, il cui nome è ancora un work in progress. A differenza di Abram è ambientato sul nostro mondo, ma in un futuro non tanto remoto. E anche se in alcune tematiche può ricordare Abram, non è ambientato nello stesso universo (frase cosi tanto amata dai lettori di comics e di serie di libri). Spero che vi piaccia, come spero che vi piaccia Abram. Buona lettura e buone vacanze.

- Bestia! Abominio! Esci dalla casa del signore! Sei un offesa alla sua vista!
Jack non capiva perché l'uomo vestito di nero urlasse cosi forte, l'unica cosa che sapeva è che voleva che smettesse. Anche con le mani sulle orecchie la voce dell'uomo rimbombava ancora.
- Esci fuori! Vai via! Tu non sei degno di stare qui! 
Le lacrime calde colavano sul muso, bagnandogli il pelo, mentre le orecchie gli facevano male per quanto le stringeva, premendole contro la testa per non sentire quelle urla. Jack si chiedeva il perché, ma non riusciva a trovare una risposta. Pregava di tornare indietro, a qualche mese prima, a quando tutto era cominciato; e pregava che tutto questo fosse solo un brutto sogno.
Era un giorno come un altro quel giorno, o meglio fino ad allora era stato un unico, lunghissimo periodo. All'epoca non aveva coscienza del passare del tempo. Ieri, oggi e domani per lui e per i suoi compagni non avevano senso. Poi tutto cambio. Quella mattina mr. Smith, il grande padrone, cosi lo chiamavano Jack e i suoi compagni, arrivò alla fabbrica. Chiamò in disparte Carl, il padrone piccolo, e gli disse qualcosa. Jack non capì di cosa parlassero, era difficile capire tutte le parole, l'unica cosa che capi era “ispezione”. “ispezione” era una parola che faceva sempre innervosire Smith e Carl, significava che sarebbero venuti degli uomini e avrebbero visitato tutto il branco, fatto delle punture e guardato Jack e i suoi fratelli dappertutto.
- Un altra volta? - disse Carl – ma se non sono venuti neanche un mese fa.
- Dopo l'incidente dell'anno scorso mi sono addosso, finché righiamo diritto sono a posto, sennò mi becco un altra multa.
- Speriamo bene – commento Carl.
- Speriamo bene? - gridò mr. Smith – tu pensa a fare la tua parte, falli lavare, spulciare, e se fanno storie usa il bastone.
Il bastone... alla sola parola Jack senti un brivido lungo la schiena, quando Carl lo picchiava col bastone, tutto il suo corpo era percorso da un fuoco, e doveva accucciarsi a terra dal dolore.
- Va bene, inizio a prepararmi, ma non creda che oggi potranno aiutare gli operai nello scarico. Se devo lavarli e sistemarli, se ne andrà tutta la giornata.
- Che cavolo, ma ci vuole tanto.
- Se prendeva dei modelli migliori, magari tutti cani pastore, con intelligenza più alta, potevo insegnare loro come fare da soli.
- Si lo so, ma li ho presi in blocco, quelli che erano già pronti, cosi ho risparmiato un bel po. Ora preparali. - e cosi dicendo usci dalla zona del branco.
Carl prese il bastone dal suo armadio, e lo aggancio alla sua cintura, poi andò verso Jack e gli altri, e gli ordino di avvicinarsi. Cosi Jack, Foffi, Bud, Spank e tutti gli altri si alzarono in piedi e si avvicinarono. C'erano diversi tipi di neo-cani nel branco, Bud era un modello basato sui doberman, mentre Foffi era un modello basato sui mastini. Jack invece era un modello basato sui Beagle. Tutti venivano però dalla stessa azienda, la Cinogen, la più grande produttrice di Neo-cani sulla Terra. I neo-cani erano cani dalle fattezze umanoidi, da quando dal pianeta erano scomparsi quasi tutti i cani, molte aziende avevano iniziato a produrli. I neocani erano usati per diverse cose, ma principalmente come personale di sorveglianza a basso costo, guardie del corpo, e anche truppe d'assalto se servivano. In fondo la maggior parte di loro non era cosciente di se stessa, benché avessero un aspetto umanoide, quasi tutti peccavano in diversi aspetti tipicamente umani come la coscienza di se, o dello scorrere del tempo. Per incentivare la vendita dei neo-cani, la Cinogen aveva stretto un accordo col governo, e chi ne possedeva qualcuno come forza lavoro aveva forti sgravi fiscali. Quando Carl li riunì tutti intorno a se inizio col dire:
- Allora, ascoltate tutti, ora – Carl doveva soppesare bene i termini temporali, in quanto i neo-cani non li comprendevano bene – vengo i dottori dell'ispezione, cosi vi dovete lavare, spulciare e sistemare.
- E fanno le punture? – chiese Spank – fanno sempre le punture.
- Si Spank, devono prendere un poco di sangue.
- E ci dobbiamo pulire - chiese Bud – possiamo giocare con l'acqua?
- No, non potete, vi lavate e basta – Carl prese il bastone elettrico che gli pendeva dalla cintola e lo levo in aria – il primo che non ubbidisce lo fulmino.
- No, no, padrone Carl no fa male a Foffi? Foffi è bravo padrone Carl. Foffi, ubbidisce sempre.
- Si lo so Foffi – Carl guardò torvo tutto il branco – e cosi devono essere tutti gli altri..
- Ma Bud può mangiare il sapone?
- Tu mangia il sapone, e ti faccio vedere – non era difficile per Carl parlare senza usare termini temporali, erano due anni che ci aveva fato l'abitudine.
- E questo quando succede? - chiese Jack – più tardi?
- Come Jack – chiese Carl - cos'hai detto?
- Jack si guardo intorno come se vedesse tutto per la prima volta, e Carl notò una nuova luce nei suoi occhi. Jack si rigiro i pollici, mosse il piede avanti e indietro come se volesse scavare, e richiese:
- I dottori vengono dopo?
- Cos'è dopo Jack – chiese Carl – che vuoi dire?
- Che viene – Jack non riusciva a padroneggiare bene il nuovo termine – dopo, dopo adesso.
- Jack! - grido Carl, il povero cane scatto sull'attenti – Jack, rispondi, chi sei tu?
- Io...io sono Jack.
Carl si senti morire, sapeva cosa stava succedendo e non gli piaceva. E sarebbe piaciuto ancora meno a mr. Smith. Prese Jack per il braccio, e lo trascinò con se, mentre gli altri cani tremavano pensando alla punizione che avrebbe avuto Jack. Carl e il cane uscirono dalla zona delle cucce, attraversarono i depositi pieni di merce, e raggiunsero la zona degli uffici. Entrarono di botto nell'ufficio di Smith, al quale prese un colpo vedendo il giovane Beagle rovinargli sulla scrivania.
- Carl ma sei impazzito? - Grido Smith – perché porti qua questo ammasso di pulci?
- Jack, di a mr. Smith chi sei.
- Io sono Jack.
- Si è Jack – rispose Smith – e allora? Che mi frega di come si chiama? Aspetta – Smith cambio espressione, e inizio a guardare attentamente l'animale di fronte a lui. - ha parlato in prima persona?
- Si signore, ha parlato di se stesso in prima persona. Lo sa che vuol dire vero?
- Si che lo, soldi buttati. Ecco cosa significa.
- Ha preso coscienza.
- Lo so, lo so. E proprio ora, cazzo domani abbiamo l'ispezione, domani. Che dobbiamo fare ora?
- Dobbiamo chiamare un canile e affidarglielo.
- Speriamo che non mi costi altri soldi – sbuffò mr. Smith – già mi bastano quelli che perderò per questo qui.
Intanto l'uomo in nero continuava a urlare verso Jack, mentre lui si faceva sempre più piccolo, quasi scomparendo sotto la panca su cui era seduto. Intanto le grida avevano richiamato altre persone, che assistevano senza reagire. Jack non capiva il perché l'uomo continuasse a gridare, lui era andato in quel posto chiamato chiesa perché sapeva che era aperta per tutti, quindi anche per lui, e lui non aveva fatto nulla di male, si era solo seduto, aveva giunto le mani e aveva cercato di fare una preghiera. Lo aveva imparato al canile, il posto dove era andato dopo che mr. Smith lo aveva cacciato dalle cucce. Ricordava il momento esatto quando erano venuti a prenderlo, lui si era rintanato nella sua cuccia e non voleva uscire, mentre Carl cercava di convincerlo ad andare. Alla fine Carl e l'inserviente mandato dal canile riuscirono a tirarlo fuori di peso, e lo portarono via attraverso il latrare degli altri cani. Mentre attraversava i depositi che aveva sempre protetto, sentiva  i suoi compagni chiamarlo e piangere, mentre le lacrime gli scendevano sulle guance per la prima volta senza bisogno del dolore fisico. Uscirono dai depositi e Carl lo fece entrare nell'auto mandata dal canile. Fuori dall'auto gli diede una pacca sulla spalla, e gli augurò buona fortuna. Per la prima volta Jack vide la città, per tutta la vita aveva visto sempre e solo i depositi, le cucce, e le mure che circondavano i depositi. Per la prima volta i suoi sensi furono assaliti da un infinità di colori e odori nuovi, la sua mente registrava tutto con crescente avidità, e cercava di non perdere nessun particolare, nessun dettaglio. L'inserviente non disse nulla per tutto il tragitto, e lo fece scendere in completo silenzio anche una volta arrivati al canile. Il canile era un grande edificio nella parte vecchia della città, malandato e sporco, ma per Jack era il palazzo più bello del mondo. Sulla porta l'inserviente lo lascio in custodia di una ragazza con i capelli biondi, e lei fu la prima donna che Jack conosceva in vita sua.
Intanto l'uomo vestito di nero lo prese sotto il braccio, e lo tirò via dalle panche, trascinandolo verso la porta.
- Ora basta! Devi andare via! Non ti voglio nella casa del signore.
- LA FINISCA – urlò una voce argentina – lo lasci stare o la denuncio
- E tu che vuoi? - Gridò l'uomo vestito di nero – queste cose non sono naturali, non le voglio nella casa del signore.
- Lo deve lasciare stare – continuò la ragazza, Jack non riusciva a vederla bene a causa degli occhi pieni di lacrime – è senziente, e quindi ha i nostri stessi diritti.
- Allora andatevene tutti e due, tu e il tuo senziente, nella casa di Dio voglio solo cristiani.
- Ce ne andiamo – la ragazza prese Jack sotto braccio e insieme uscirono dalla chiesa – ma non finisce qui, la denuncerò a chi di dovere.
- Cosi dicendo uscirono dalla chiesa, sotto una pioggia fredda e leggera.

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